Il nuovo regolamento generale europeo non modifica le norme nazionali in materia di accesso agli atti e ai documenti amministrativi, ma si limita a fissare delle regole più stringenti, sia per quanto riguarda il trattamento dei dati da parte degli enti pubblici, sia per quanto riguarda la trasparenza verso il cittadino.
La base giuridica per il trattamento in questi casi è l'interesse pubblico rilevante, così come regolato dall'art. 6 del GDPR e 2-sexies del Codice Privacy. Quest'ultimo, in particolare, precisa che la finalità di interesse pubblico deve essere prevista dal diritto UE ovvero, nell’ordinamento interno, da disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento che specifichino:
- i tipi di dati che possono essere trattati;
- le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante;
- le misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato.
Trasparenza e tutela dei dati
Il GDPR, quindi, evidenzia come non vi sia alcuna contraddizione tra l'esigenza di una maggiore trasparenza della pubblica amministrazione verso i cittadini, nel senso di diffusione di dati e documenti pubblicati dalla pubblica amministrazione, e la tutela dei dati personali. Sono entrambe esigenze meritevoli di tutela che vanno opportunamente contemperate.
In tal senso il GDPR sancisce l'esigenza di rispettare il principio di finalità, non solo nell'ambito dei trattamenti dei dati da parte della pubblica amministrazione, ma anche nella fase di diffusione o comunicazione di dati a privati, trattandosi comunque di trattamenti. Quindi, anche in tema di accesso agli atti e ai documenti amministrativi, essendo uno specifico trattamento, occorre che gli scopi dello stesso siano definiti e rispettati scrupolosamente, così contemperando le esigenze in contrasto.
Il GDPR, quindi, ha un impatto sulla pubblicazione di dati che le amministrazioni ritengono necessari per assicurare maggiore trasparenza. Invece, non avrà un impatto sull'accesso agli atti e documenti amministrativi che rimane regolamentato dagli Stati.
Forme di accesso per i cittadini
1) Accesso ai documenti
Si esercita in riferimento a documento, ed è caratterizzato da un rapporto qualificato del richiedente con i documenti che intende conoscere, derivante dalla titolarità in capo al richiedente di una posizione giuridica qualificata tutelata dall'ordinamento, cioè un interesse diretto e concreto e attuale. Per questo è subordinato ad un obbligo di motivare la richiesta di accesso. E' previsto dalla legge 241 del 1990 e esclude espressamente l'utilizzo del diritto di accesso per sottoporre l'amministrazione a un controllo generalizzato.
2) Accesso civico semplice.
E' concepito per promuovere la partecipazione dei cittadini al controllo dell'attività della Pubblica Amministrazione. Riguarda tutti i dati e le informazioni per i quali sussiste un obbligo di trasparenza (da pubblicare nell'apposita sezione Amministrazione Trasparente imposta dalla legge). Cioè i documenti e le informazioni riguardanti l’organizzazione e l’attività della P.A., nonché le modalità per la realizzazione di tali attività (es. dati relativi al personale dell’Amministrazione, come i tassi di assenza, gli incarichi, i bilanci, i bandi di gara e i contratti). Sono descritti nell’Allegato A del Decreto Trasparenza (Decreto Legislativo 14 marzo 2013, n. 33).
Nel caso in cui tali dati non siano diffusi, il cittadino ha il diritto di accedervi (art. 5 Decreto Trasparenza).
3) Accesso civico generalizzato.
E' ispirato al FOIA anglosassone ed è previsto dal Decreto legislativo 97/2016 in riforma del Decreto legislativo 33/2013 (art. 5-bis), il quale consente l'accesso a atti, documenti e informazioni detenute da autorità pubbliche, con la finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico. Con tale istituto si ampia il diritto all'informazione e alla trasparenza dell'attività delle pubbliche amministrazioni, laddove le esigenze di riservatezza e segretezza diventano l'eccezione alla regola della trasparenza. Si differenzia dall'accesso documentale proprio per l'assenza di un rapporto qualificato tra richiedente e documento, tutelando, invece, la trasparenza nei confronti di tutti. Non si prevede l'obbligo di motivare la richiesta di accesso e l'accesso generalizzato riguarda tendenzialmente tutti gli atti.
Il limite all'accesso civico è quello della tutela degli interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti (con riferimento ai privati entra in gioco anche la tutela dei dati personali). In merito sono intervenute le linee guida dell'Anac del 28 dicembre 2016, adottate con delibera n. 1309, con cui l'autorità ha fornito le prime indicazioni alle amministrazioni per far fronte alle richieste dei cittadini.
L'istanza di accesso civico deve identificare i documenti e i dati richiesti, e l'amministrazione deve rispondere sulla base dei soli documenti e informazioni che sono già in suo possesso. A differenza dei documenti cui si accede in base alla legge 241/1990, i dati e i documenti che si ricevono a seguito di istanza di accesso civico divengono "pubblici" e chiunque ha diritto di conoscerli e di utilizzarli, precisando che il successivo trattamento deve essere sempre effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali. Quindi l'esistenza di un possibile pregiudizio in base al quale rifiutare l'accesso civico, va valutata anche in relazione a tale amplificato regime di pubblicità (provv. Garante Privacy 157/2021). Ad esempio, con parere 37 del 2022, il Garante ha precisato che non è ammesso l'accesso civico ai dati relativi a tutti i tioli di studio di un soggetto, in quanto l'integrale ostensione può determinare un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e nelle libertà del soggetto controinteressato, con possibili ripercussioni negative sul piano sociale, relazionale e professionale personale.
In particolare l'accesso civico non è previsto per i dati sulla salute, e in genere per tutti i "casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge" (art. 5-bis, comma 3, del d. lgs. n. 33/2013). Nel par. 6.2. delle Linee Guida ANAC, intitolato "Altri casi di segreto o di divieto di divulgazione", è precisato che "alcuni divieti di divulgazione sono previsti dalla normativa vigente in materia di tutela della riservatezza con riferimento a: dati idonei a rivelare lo stato di salute, ossia a qualsiasi informazione da cui si possa desumere, anche indirettamente, lo stato di malattia o l’esistenza di patologie dei soggetti interessati, compreso qualsiasi riferimento alle condizioni di invalidità, disabilità o handicap fisici e/o psichici (art. 22, comma 8, del Codice [oggi art. 2-septies, comma 8]; art. 7-bis, comma 6, d. lgs. n. 33/2013)".
Inoltre, sia l'accesso agli atti amministrativi che l'accesso civico generalizzato non sono invocabili in relazione alle segnalazioni dei whistleblower.
Infine l'istituto non deve diventare un ostacolo al buon funzionamento e all'efficienza della pubblica amministrazione, in tal senso forme disfunzionali di accesso non sono ammesse (come ad esempio la richiesta di un numero elevato, massivo, di documenti) in quanto finirebbero per trasmodare in abuso del diritto.
Accesso da parte dei giornalisti
Il GDPR non si occupa di accesso alle informazioni da parte di soggetti non portatori di specifici interessi, come i giornalisti. Capita che la pubbliche amministrazioni rifiutino l'accesso in base ad una generica esigenza di tutela della privacy. La normativa a tutela dei dati personali, però, non restringe affatto le norme a salvaguardia della trasparenza amministrativa, e non può essere invocata strumentalmente per negare l'accesso ai documenti. Pur tuttavia va fatto salva la tutela accordata a particolari informazioni, e in special modo ai dati sensibili.
La normativa in materia di accesso ai documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni, impone comunque di valutare l'eventuale necessità di tutelare la riservatezza di un terzo, ma soprattuto prescrive al richiedente (quindi non solo al giornalista) di dimostrare la necessità di disporre del documento per la tutela di un interesse giuridicamente rilevante e concreto (vedi Documento del Garante del 6 maggio 2004). In tale ottica il giornalista potrà accedere a informazioni concernenti:
- l’ammontare dei dati reddituali dei contribuenti, presso i comuni;
- le situazioni patrimoniali di coloro che ricoprono cariche pubbliche o di rilievo pubblico per le quali è spesso previsto un regime di pubblicità;
- le classi stipendiali, le indennità e gli altri emolumenti di carattere generale corrisposti da concessionari pubblici;
- le pubblicazioni matrimoniali affisse all’albo comunale;
- notizie relative ad alcuni nati e ad alcuni deceduti (possono essere rivolte specifiche domande all’ufficiale di stato civile, ma non si ha ad esempio diritto a ricevere un elenco giornaliero);
- gli esiti scolastici e concorsuali per i quali l’ordinamento prevede spesso un regime di pubblicità;
- i dati contenuti negli albi professionali;
- i dati contenuti nelle deliberazioni degli enti locali (per esempio anche mediante l’accesso alle sedute consiliari degli organi collegiali e la relativa ripresa televisiva);
- la situazione patrimoniale delle società e, in generale, i dati pubblici presso le camere di commercio.
Ovviamente sarà poi il giornalista a dover utilizzare lecitamente i dati ottenuti e pubblicare solo i dati pertinenti alla notizia, rispettando così il principio di essenzialità rispetto al fatto di interesse pubblico narrato.