La libertà di informazione (art. 21 della Costituzione), nella duplice accezione, attiva, quale diritto del giornalista di informare (diritto di cronaca), e passiva, quale diritto del cittadino di essere informato, costituisce una precondizione per la democraticità delle società contemporanee.
E' l'articolo 85 del regolamento europeo a prevedere le esenzioni o le deroghe per il trattamento dei dati per scopi giornalistici, rinviando ai singoli Stati per l'adozione delle stesse. Perciò l'attività giornalistica è normalmente svincolata da alcuni limiti posti a tutela della privacy.
Art. 85
Ai fini del trattamento effettuato a scopi giornalistici o di espressione accademica, artistica o letteraria, gli Stati membri prevedono esenzioni o deroghe rispetto ai capi II (principi), III (diritti dell'interessato), IV (titolare del trattamento e responsabile del trattamento), V (trasferimento di dati personali verso paesi terzi o organizzazioni internazionali), VI (autorità di controllo indipendenti), VII (cooperazione e coerenza) e IX (specifiche situazioni di trattamento dei dati) qualora siano necessarie per conciliare il diritto alla protezione dei dati personali e la libertà d'espressione e di informazione.
Le norme derogatorie previste per i giornalisti si applicano a chiunque esercita la libertà di manifestazione del pensiero (diritto tutelato dall'articolo 21 della Costituzione italiana) anche attraverso espressioni artistiche e letterarie, con gli adattamenti del caso.
Ambito di applicazione
Le disposizioni relative all'attività giornalistica (compreso i codici deontologici) si applicano ai trattamenti effettuati da:
- giornalisti professionisti;
- giornalisti pubblicisti;
- praticanti giornalisti;
- occasionali che svolgono attività finalizzata esclusivamente alla pubblicazione o diffusione di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero (es. fotografo, cineoperatore).
Ovviamente le sanzioni previste (titolo III legge 69/1963) si applicano solo ai soggetti iscritti all'albo dei giornalisti.
Testo unico dei doveri del giornalista
Dal 3 febbraio 2016 è in vigore il "Testo unico dei doveri del giornalista", nato dall’esigenza di armonizzare i precedenti documenti deontologici afferenti all'attività giornalistica, che recepisce i seguenti documenti:
- Carta dei doveri del giornalista;
- Carta dei doveri del giornalista degli Uffici stampa;
- Carta dei doveri dell’informazione economica;
- Carta di Firenze;
- Carta di Milano;
- Carta di Perugia;
- Carta di Roma, cioé il "Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti", redatto congiuntamente da FNSI (sindacato dei giornalisti) e dal Consiglio Nazione dell'Ordine dei giornalisti, dal 2016 parte integrante del "Testo unico dei doveri del giornalista";
- Carta di Treviso;
- Carta informazione e pubblicità;
- Carta informazione e sondaggi;
- Regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica, pubblicate ai sensi dell'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, che vanno a confluire nell'allegato A del Codice in materia di protezione dei dati personali;
- Codice in materia di rappresentazione delle vicende giudiziarie nelle trasmissioni radiotelevisive;
- Decalogo del giornalismo sportivo.
Ricordiamo che le regole dei testi deontologici costituiscono vere e proprie norme secondarie del sistema giuridico, in base alla quali anche i giudici decidono della legittimità del trattamento di dati personali effettuato per finalità giornalistica (o di manifestazione del pensiero).
Limiti e prerogative dell'attività giornalistica
Il trattamento di dati operato dal giornalista è sostanzialmente libero. Il giornalista può trattare (e pubblicare) anche dati sensibili e giudiziari senza dover ottenere il consenso dall'interessato, purché ricorrano due requisiti:
- i dati sono stati raccolti in modo lecito e corretto (principio di liceità);
- la diffusione dei dati avviene nei limiti dell’essenzialità (principio di essenzialità) dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.
Il giornalista è responsabile innanzitutto verso l'opinione pubblica, che ha il diritto di essere informata. Spetta quindi a lui valutare in prima battuta se la pubblicazione di "dati" è lecita o meno, rispettando i principi in materia e la dignità della persona. Il principio di essenzialità prevede che i dati pubblicati devono essere necessari rispetto alla notizia, non che l'interesse pubblico alla notizia giustifica la pubblicazione di tutti i dati relativi a quella notizia. Il giornalista deve evitare artifici e pressioni indebite nel momento in cui raccoglie le informazioni. Nella valutazione della legittimità della pubblicazione della notizie è importante anche il "come" la notizia è stata cercata.
Nel momento in cui raccoglie le notizie, le informazioni (l'equivalente dell'informativa) che deve fornire agli interlocutori si limitano all'identità, la professione e le finalità della raccolta delle informazioni. Addirittura il giornalista può non rivelare la propria professione se ciò può porre in pericolo la propria incolumità o lo svolgimento della funzione informativa. Tale presupposto deve essere valutato caso per caso, verificando se le modalità di raccolta e diffusione siano proporzionate rispetto allo scopo informativo perseguito e non altrimenti conseguibile.
Altra prerogativa dei giornalisti è la tutela del segreto professionale. L'articolo 200 del codice di procedura penale, e l'articolo 138 del Codice Privacy, riconoscono il diritto del giornalista professionista iscritto all'albo, di astenersi dal divulgare il nome delle fonti della notizia. Tuttavia, se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede, e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l'identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte. In tal modo si bilanciano i diritti in gioco, cioè la tutela della riservatezza dell’informatore e le esigenze di giustizia.
Esistono, inoltre, una serie di norme che prevedono obblighi specifici di riservatezza nell'esercizio dell'attività giornalistica. Ad esempio, è vietato pubblicare l’identità delle vittime di violenza sessuale (art. 734 c.p.p., dove l'art. 114, comma 6, c.p.p. vieta la divulgazione di elementi che anche indirettamente possano portare alla loro identificazione.), gli atti giudiziari coperti da segreto istruttorio (art. 329 c.p.p., su questo vedi anche la posizione della CEDU), i nomi di persone malate di Hiv, i nomi delle donne che interrompono la gravidanza, le generalità di minori coinvolti in procedimenti giudiziari (art. 13 c.p.p., e art. 50 Cod. Privacy), il nome della donna che ha dato in adozione il proprio figlio dopo il parto chiedendo di non essere nominata.
Cronaca giudiziaria
Con riferimento alla cronaca giudiziaria, quindi notizie di arresti e condanne, un aspetto estremamente rilevante è l'interesse a garantire il controllo pubblico sull'operato delle autorità giudiziarie e delle forze di polizia. Ciò comporta un regime di pubblicità degli atti processuali, delle udienze e dei provvedimenti di un giudice (a parte il segreto su alcuni atti e sulle investigazioni). Ovviamente per non incorrere in un illecito occorre sempre che:
- vi sia un interesse pubblico al fatto;
- il fatto sia vero;
- e l'esposizione abbia una forma civile.
Nella pubblicazione di dati relativi ad arresti e condanne, il rispetto del principio dell'essenzialità dell'informazione è decisivo. Occorre valutare attentamente quali sono i dati davvero rilevanti per il pubblico e limitarsi a pubblicare questi. I nomi degli indagati e degli arrestati possono essere pubblicati se vi è interesse pubblico e se non esistono specifici divieti di identificazione (ad esempio imposti dal giudice), in particolare con riferimento alla vittime (es. minori, vittime di violenza sessuale). Occorre però che la notizia sia stata lecitamente acquisita (ad esempio da una parte che ha già legale conoscenza dell'atto). Il giornalista deve sempre valutare l'opportunità della diffusione del dato, in considerazione del fatto che ci si trova in una fase iniziale del procedimento.
Occorre inoltre rispettare il principio di non colpevolezza, per cui sarà necessario chiarire bene lo stato nel quale si trova il procedimento giudiziario. Ad esempio, il Garante ha vietato la pubblicazione delle foto segnaletiche (vedi provvedimento del Garante) in considerazione dello stato del procedimento, in una fase del tutto iniziale. Le foto segnaletiche non possono essere diffuse se non in vista del perseguimento delle specifiche finalità per le quali sono state originariamente raccolte (accertamento, prevenzione e repressione dei reati). Inoltre, anche nell´ipotesi di evidente e indiscutibile "necessità di giustizia o di polizia" alla diffusione di queste immagini, "il diritto alla riservatezza ed alla tutela della dignità personale va sempre tenuto nella massima considerazione". Tali principi - più volte ricordati dal Garante - trovano conferma in diverse circolari emanate dalle forze di polizia.
Allo stesso modo è vietata la pubblicazione di immagini di persone con le manette ai polsi (anche se talvolta si viola la prescrizione pixelando le manette). Una pubblicazione di questo tipo non solo viola l'art. 114 comma 6 bis, c.p.p., ma in generale il principio dell'essenzialità dell'informazione e l'art. 8 delle regole deontologiche del giornalista che vieta la pubblicazione di immagini lesive della dignità della persona. Secondo il Garante (ordinanza 25 febbraio 2021) il tentativo di pixelare le manette ai polsi degli arrestati, costituisce un espediente insufficiente a tutelare la dignità degli interessati. La pubblicazione di immagini di persone in manette potrebbe essere ritenuta lecita nel caso di abuso nell'arresto.
Le immagini che documentano operazioni di arresto non possono essere diffuse quando siano lesive della dignità dell´interessato. Con riferimento alle foto a corredo di notizie su arresti, indagini e processi (es. foto tratte da documenti di riconoscimento, da album familiari, o scattate nelle aule giudiziarie), a parte le prescrizioni che può impartire il giudice durante il dibattimento e le garanzie previste per le riprese televisive durante il processo, valgono i parametri generali che guidano il giornalista nell´esercizio della propria attività, tra i quali la necessità di acquisire, e utilizzare, tali immagini in modo lecito e secondo correttezza, nonché di diffondere le stesse nel rispetto dei principi di essenzialità, pertinenza e non eccedenza. Sarà comunque necessario informare le persone presso cui sono raccolte le immagini nonché, ove possibile, gli interessati in merito all´utilizzo delle immagini acquisite.
La diffusione dei nomi di persone condannate e dei destinatari di provvedimenti giurisdizionali si inquadra nel generale regime di pubblicità dei provvedimenti giurisdizionali, per cui potranno essere pubblicati i dati del condannato (l’identità, l’età, la professione, il capo di imputazione e la condanna irrogata ad una persona maggiorenne) ove risulti la verità dei fatti, la forma civile dell’esposizione e la rilevanza pubblica della notizia. Il giornalista dovrà verificare volta per volta se la pubblicazione dei dati identificativi del condannato può comportare l'identificazione dell'eventuale vittima del reato o di altre persone meritevoli di tutela (e quindi rischi per questi soggetti). La scelta dei dati da pubblicare dovrà essere improntata a maggiore riservatezza nel caso in cui la vittima ha subito conseguenze di carattere permanente sulla salute, fisica o psicologica, o quando si tratta di episodi di cronaca del passato (per evitare il riproporsi della sofferenza patita).
Il giornalista dovrà anche tenere conto del'eventuale volontà della vittima del reato, in merito alla non pubblicazione dei propri dati, in considerazione del fatto che è ammessibile opporsi per motivi legittimi alla pubblicazione (art. 7 Codice privacy).
Riguardo ai nomi di familiari e conoscenti di persone interessate da vicende giudiziarie, il giornalista dovrà generalmente astenersi dal diffondere nomi o dati di persone che non risultano coinvolte nelle indagini e che appaiano collegati ai protagonisti solo in ragione di precedenti relazioni sentimentali o di mere circostanze di fatto (es. il proprietario dell'immobile nel quale si è consumato un delitto).
Fotografie e riprese in pubblico
I giornalisti hanno il diritto di scattare foto alle persone in luoghi pubblici, se tale attività è legata alla finalità giornalistica. In particolare i giornalisti hanno il diritto anche di riprendere l'attività delle forze dell'ordine. Essendo le forze dell'ordine al servizio del pubblico ci si aspetta un pubblico scrutinio di come viene esperità la loro attività.
Uso di tecniche invasive e tutela del domicilio
La normativa in materia cerca di bilanciare l'uso di tecniche aggressive (es. il teleobiettivo) con la tutela dei diritti delle persone, e in particolare del domicilio e dei luoghi di privata dimora. Riprendere immagini all'interno di luoghi di privata dimora è vietato dalla legge, in considerazione dell'inviolabilità del domiclio previsto dalla Costituzione (art. 14). Il Garante privacy ha però ritenuto pubblicabili le foto riprese in luoghi liberamente osservabili dall'esterno (es. un balcone, vedi provvedimento del Garante).
Intercettazioni
La pubblicazione delle intercettazioni può avere un impatto pesante sulla privacy delle persone, in particolare se si tratta di soggetti non notori alle cronache. I giornalisti sono tenuti a selezionare il materiale da pubblicare alla luce del principio di essenzialità dell'informazione, evitando riferimenti a persone non interessate ai fatti e comunque garantendo sempre la dignità delle persone. Insomma, occorre valutare l'interesse pubblico della singola informazione (i dettagli), non della vicenda nel suo complesso.
Per quanto riguarda le persone note al pubblico, o che rivestono una posizione di particolare rilevanza sociale o pubblica, è evidente che abbiano una tutela ridotta della privacy, ma comunque deve essere rispettata la loro sfera privata con riferimento ai dati che non hanno alcun rilieco sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica.
Il Garante ha pubblicato un provvedimento generale che riepiloga i limiti posti dalla legge e dal Codice deontologico alla pubblicazione di intercettazioni.
Tutela dei minori
Il Codice deontologico dei giornalisti (art. 7), nell'affermare che “il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca”, prevede un generale principio di preminenza dell'interesse del minore. Il Codice rinviando anche alla regolamentazione contenuta nella Carta di Treviso, che incentra la propria attenzione sul problema dei minori coinvolti in reati o anche più in generale in fatti di cronaca anche di interesse non strettamente penale, mirando alla non identificabilità del minore tutte le volte che sia possibile un pregiudizio alla personalità, allo sviluppo e alla dignità del minore.
In questa prospettiva è previsto il divieto di pubblicazione di immagini o di altri elementi che rendano identificabili soggetti di minore età allorchè si tratti di dare informazione sulla commissione di reati o su eventi di cronaca giudiziaria, o altre situazioni in cui la personalità, la dignità, la riservatezza circa la vita strettamente privata del minore possa averne pregiudizio. In particolare si prevede il divieto dell'uso di dati dei minori a fini sensazionalistici o di sfruttamento della persona. Di contro la pubblicazione si ritiene legittima se il minore è ritratto in scene di manifestazioni pubbliche, o anche private ma “sociali”, o altre iniziative collettive comunque non pregiudizievoli, in cui l’eventuale immagine che ritrae il minore sia del tutto “casuale” ed in nessuna maniera mirata a polarizzare l’attenzione sull’identità del medesimo e sulla sua riconoscibilità.
Il Garante ha precisato che non devono essere diffuse informazioni che possano consentire direttamente l'identificabilità del minore, quest'ultima intesa non in senso meramente formale, per cui è illecito oscurare il nome del minore se poi si diffondono dati dei familiari tali da consentirne l'identificazione anche solo localmente (nel quartiere). Di contro deve ritenersi del tutto lecita la pubblicazione di immagini, non oscurate, del minore ritratto in luoghi pubblici insieme ai genitori in situazioni tranquille e positive per il bambino, e comunque quando la pubblicazione sia rivolta a dare positivo risalto a qualità del minore o al contesto familiare e sociale in cui si sta formando. Non essendoci pericolo per lo sviluppo del minore non c'è necessità di oscurarne il volto. Purché, ovviamente, le immagini siano state acquisite in modo corretto e il minore stesso o i suoi genitori non si siano successivamente opposti alla pubblicazione.
Ad esempio, immagini di minori disabili impegnati in manifestazioni sportive, o che partecipano ad eventi di sensibilizzazione organizzati da associazioni che promuovono la lotta a particolari malattie, e la rimozione di ogni discriminazione o svantaggio per chi ne viene colpito, devono essere ritenute lecite.
E' comunque affidata al giornalista la responsabilità di valutare quando, in presenza di motivi di rilevante interesse pubblico (e fermo restando i limiti di legge), la pubblicazione di notizie o immagini riguardanti il minore sia davvero nell'interesse oggettivo dello stesso minore.
Diritto all'oblio
Nell'attuazione del diritto all'oblio occorre tenere distinte le varie ipotesi.
Nel caso di riproposizione di informazioni personali in ambito giornalistico a distanza di tempo, si deve considerare che alcuni fatti segnano profondamente la storia del paese, siano fatti politici o di cronaca nera, ma anche scandali "rosa". In casi del genere l'opinione ha il diritto di continuare ad interrogarsi sul fatto, su come abbia influito nella vita del paese, su come i personaggi protagonisti della vicenda abbiano inciso profondamente.
Naturalmente il giornalista deve sempre valutare l'interesse pubblico alla notizia, con riferimento al personaggio, quindi tenendo conto del suo ruolo, pubblico o meno.
Invece, la ripubblicazione di vecchi articoli contenenti dati personali in archivi storici giornalistici messi a disposizione online comporta un mutamente della finalità. Dalla finalità giornalistica si passa ad una storica o statistica, di documentazione o di ricerca, ecc... Il problema principale è che a distanza di tempo le informazioni contenute negli archivi possono non essere più aggiornate, e quindi sono inesatte. Il Garante ha ottenuto che le informazioni presenti in detti archivi non siano consultabili attraverso i normali motori di ricerca generalistici, ma solo attraverso i motori di ricerca interni all'archivio. Ferma restando la possibilità che in casi di informazioni inesatte occorra aggiornare la notizia.