Tutela dei diritti e privacy

Tutela dei diritti e privacy

Il diritto di difesa, cioè la facoltà di un cittadino di tutelare i propri diritti dinanzi all'autorità giudiziaria, costituisce una limitazione al diritto alla protezione dei dati personali

Esercizio di un diritto in sede giudiziaria

L'utilizzo dei dati personali in un procedimento giudiziario è regolamentato non solo dalle norme in materia di protezione dei dati personali, ma anche dalle norme del codice di procedura relativo (civile, penale, ecc...), queste ultime opportunamente riscritte per realizzare un miglior contemperamento per le esigenze in contrapposizione: la tutela della riservatezza da un lato, e le esigenze di giustizia dall'altro. Quindi è il legislatore che ha attuato il bilanciamento tra le opposte esigenze, ed è per questo che normalmente non è configurabile una violazione della privacy nella divulgazione dei dati personali in un procedimento civile, penale o amministrativo.  

Il ruolo delle parti, e dei rispettivi avvocati, è assolutamente marginale, nel momento in cui l’atto processuale viene compiuto in aderenza alle norme del rito sono certi di non incorrere in violazioni della riservatezza in funzione del bilanciamento già realizzato dal legislatore. Occorre però sempre tenere presente che un processo presuppone una fase precedente, di scelta dei dati da immettere nel processo, nella quale le parti (i legali) dovrebbero valutare tali dati in ossequio ai principi di correttezza, pertinenza e e non eccedenza nel trattamento degli stessi, rispetto ai fini del procedimento. Insomma, occorre sempre che il dato sia acquisito lecitamente

Infatti, l'articolo 21 del regolamento europeo (GDPR) esclude il diritto di opposizione dell'interessato nel momento in cui il trattamento dei dati avvenga per l'esercizio di un diritto in sede giudiziaria. Nel qual caso, inoltre, non è previsto nemmeno il consenso né l'informazione all'interessato, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tale finalità e per il periodo strettamente necessario all'esercizio del diritto. 

Inoltre l'art. 23 del GDPR inserisce espressamente tra le limitazioni alla tutela dei dati personali anche "la prevenzione, l'indagine, l'accertamento e il perseguimento di reati o l'esecuzione di sanzioni penali", "la salvaguardia dell'indipendenza della magistratura e dei procedimenti giudiziari", "le attività volte a prevenire, indagare, accertare e perseguire violazioni della deontologia delle professioni regolamentate", e "la tutela dell'interessato o dei diritti e delle libertà altrui", oltre all''esecuzione delle azioni civili. 

L'art. 2 duodecies del Codice Privacy novellato, stabilisce che "in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 1, lettera f), del Regolamento, in relazione ai trattamenti di dati personali effettuati per ragioni di giustizia nell’ambito di procedimenti dinanzi agli uffici giudiziari di ogni ordine e grado nonchè dinanzi al Consiglio superiore della magistratura e agli altri organi di autogoverno delle magistrature speciali o presso il Ministero della giustizia, i diritti e gli obblighi di cui agli articoli da 12 a 22 e 34 del Regolamento sono disciplinati nei limiti e con le modalità previste dalle disposizioni di legge o di Regolamento che regolano tali procedimenti, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 23, paragrafo 2, del Regolamento. 
2. Fermo quanto previsto dal comma 1, l’esercizio dei diritti e l’adempimento degli obblighi di cui agli articoli da 12 a 22 e 34 del Regolamento possono, in ogni caso, essere ritardati, limitati o esclusi, con comunicazione motivata e resa senza ritardo all’interessato, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, nella misura e per il tempo in cui cio’ costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, per salvaguardare l’indipendenza della magistratura e dei procedimenti giudiziari. 
3. Si applica l’articolo 2-undecies, comma 3, terzo, quarto e quinto periodo". 

Sempre l'art. 2 duodecies definisce i trattamenti per ragioni di giustizia quelli "correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, i trattamenti effettuati in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di magistratura, nonché i trattamenti svolti nell’ambito delle attività ispettive su uffici giudiziari. Le ragioni di giustizia non ricorrono per l’ordinaria attività amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture, quando non e’ pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla trattazione giudiziaria di procedimenti". 

Nell'ambito giudiziario il trattamento trova nel Ministero e nei singoli uffici giudiziari (i giudici) i rispettivi titolari del trattamento, con riferimento alle loro specifiche attribuzioni, e quindi il trattamento è lecito in quanto esercitato direttamente dallo Stato. Ciò giustifica la fissazione di deroghe rispetto al regime ordinario relativo al trattamento dei dati personali, attribuendo una prevalente rilevanza al diritto di agire e difendersi in giudizio, diritto costituzionalmente garantito (vedi Corte Cass. 15327/2009, 3358/2009, Cass. 12285/2008, Cass. 10690/2008, Cass. 8239/2003)
Secondo la Corte di Cassazione, è nell'ambito del processo che devono trovare composizione le diverse esigenze, cioé la tutela dei dati e la corretta esecuzione del processo, laddove le disposizioni che regolano il processo hanno natura speciale, e quindi sovraordinata, rispetto a quelle in materia di protezione dei dati personali 
(Cass. Civ. SS. UU. sentenza n. 3034 del 2011). E', inoltre, ammessa anche l'allegazione di dati cosiddetti sensibili (oggi ex art. 9 GDPR) senza il consenso, purché siano necessari per esercitare il diritto di difesa (Cass. n. 35296/2011). Infine residua un margine di discrezionalità nel giudice al momento dell'emissione dei propri provvedimenti. 

 

Oscuramento dei dati personali nei provvedimenti giudiziari

In alcuni casi è previsto l'oscuramento dei dati personali all'interno di provvedimenti giudiziari. Tale oscuramente non riguarda il trattamento dei dati all'interno del procedimento (quindi al giudice o alle parti), ma è rivolto a terzi, cioè al pubblico. 

  

Valore della prova

L'art. 160 bis del Codice Privacy novellato stabilisce che la "validità, l’efficacia e l’utilizzabilità nel procedimento giudiziario di atti, documenti e provvedimenti basati sul trattamento di dati personali non conforme a disposizioni di legge o di Regolamento restano disciplinate dalle pertinenti disposizioni processuali". Quindi, affinché una prova (documento o altro) sia comunque utilizzabile in sede giudiziaria, anche se in violazione delle norme in materia di protezione dei dati personali, occorre che la prova sia acquisita lecitamente, e cioé rispettando le regole che presiedono alla formazione della prova all'interno del processo. L'esercizio di un diritto in sede giudiziaria, quindi, non è un modo per avallare raccolte illecite di dati, in quanto emerge come valida deroga al trattamento dei dati personali solo nel momento in cui i dati siano stati lecitamente raccolti. 

Per cui il dato deve essere trattato in modo lecito (cioé non contrario a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume), secondo correttezza, compatibilmente a scopi determinati e legittimi, deve essere esatto, pertinente e non eccedente le finalità dell'esercizio del diritto di difesa. In caso contrario il dato è illecito e quindi inutilizzabile in sede giudiziaria (art. 191 Codice Procedura Penale).