L'attività di videosorveglianza è considerata estremamente invasiva, e per questo occorre rispettare una serie di norme e regole sia nella fase di installazione dell'impianto che nella fase di gestione.
Presupposti
Il presupposto è la libertà dei cittadini, che devono poter circolare nei luoghi pubblici senza dover subire ingerenze eccessive nella loro privacy. Tale libertà va, quindi, opportunamente contemperata con le esigenze di sicurezza dei cittadini.
Nell'installazione e gestione del sistema di videosorveglianza occorre rispettare dei principi, come evidenziato dal Garante italiano con il provvedimento generale dell'8 aprile 2010, che ha sostituito quello del 2004 fissando dei requisiti più stringenti per evitare che l'attività di videosorveglianza si espanda fino a limitare i diritti del cittadini. Con esso il Garante ha determinato il bilanciamento tra i diritti dei cittadini e la sicurezza e la prevenzione dei reati. Il Garante ha anche pubblicato anche delle FAQ in materia di videosorveglianza. Quindi, il Garante ha stabilito che l'attività di videosorveglianza è consentita se sono rispettati i seguenti principi:
- liceità;
- necessità;
- proporzionalità;
- finalità.
La videosorveglianza è lecita se è funzionale allo svolgimento delle funzioni istituzionali, quando si tratta di enti pubblici, oppure, nel caso di privati o enti pubblici economici, se sono rispettati gli obblighi di legge (in particolare le norme del codice penale che vietano le intercettazioni di comunicazioni e conversazioni: art. 615 bis c.p. e le norme in materia di controllo a distanza dei lavoratori) e il provvedimento del Garante in materia di bilanciamento degli interessi, oppure se vi è un consenso libero ed espresso da parte delle persone riprese dalle telecamere.
Il requisito della necessità limita l’uso di sistemi di videosorveglianza ai soli casi nei quali l'obiettivo non può essere raggiunto con modalità diverse, ad esempio utilizzando inquadrature anonime o predisponendo l’impianto in modo che mantenga le riprese solo per il periodo di tempo necessario, con ciò evitando usi eccessivi o sproporzionati. Inoltre deve essere rispettato il principio di minimizzazione dei dati, con riferimento alle scelte delle modalità di ripresa e dislocazione delle telecamere, nonché alla gestione delle varie fasi del trattamento. I dati trattati devono comunque essere pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite.
Il requisito di proporzionalità obbliga a ricorrere alle telecamere solo come misura ultima di controllo, cioè quando altre misure si siano rivelate insufficienti oppure inattuabili. Non è ammissibile, quindi, l’uso di telecamere solo perché l’impianto è meno costoso rispetto ad altre forme di controllo.
Il principio di finalità stabilisce che chi installa le telecamere può perseguire solo fini di sua pertinenza, cioè può utilizzare le telecamere solo per il controllo della sua attività, ma non può mai utilizzare le telecamere per finalità esclusivamente di sicurezza pubblica, che sono, invece, di competenza delle autorità giudiziarie ed amministrative.
In materia è intervenuto anche l'EDPB, che nel luglio del 2019 ha pubblicato le linee guida al trattamento di dati tramite dispositivi video.
Obblighi normativi
Per l'installazione di un sistema di videosorveglianza occorre rispettare una serie di norme e regole, non solo le norme in materia di protezione dei dati personali.
Il DM 37/2008, Disposizioni in materia di installazione degli impianti all’interno di edifici, individua delle specifiche prescrizioni:
- i progettisti di impianti (art. 5) devono realizzarli secondo la regola dell'arte (conformità alla normativa e alle regole dell'UNI, CEI, ecc...);
- gli installatori (art. 7) devono rilasciare apposita certificazione di conformità;
- il committente (art. 8) è tenuto ad affidare i lavori ad imprese abilitate e ad adottare le misure necessarie per rmantenere le caratteristiche di sicurezza previste.
E' da notare che adesso anche il nuovo regolamento generale europeo, immediatamente applicabile senza legge di recepimento, prevede specifici obblighi per i progettisti, individuati dai principi di privacy by design e by default.
Il Codice Privacy (D. Lgs. 196/2003) prescrive obblighi specifici per il committente, il titolare del trattamento delle immagini acquisite, ed anche per l'installatore, che dovrà attestare la conformità dell'intervento alle disposizioni di cui al disciplinare tecnico in materia di misure minime di sicurezza (punto 25 dell’Allegato B al codice privacy).
Il Decreto Legislativo 81 del 2008 (T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), individua specifici obblighi in caso di impianti da collocare in luoghi di lavoro, sia per i committenti, che devono adottare le misure necessarie per salvaguardare i lavoratori, ma anche per i progettisti, tenuti a rispettare i principi generali di prevenzione in materia di salute e sicurezza. Sono previsti obblighi anche per gli installatori, che devono (art. 24) attenersi alle norme in materia di salute e sicurezza.
Infine, occorre rispettare le regole di cui allo Statuto dei lavoratori nell'utilizzo di impianti in azienda.
Installazione, informativa e valutazione di impatto
Per installare un impianto di videosorveglianza non è necessario ottenere il consenso preventivo dei soggetti ripresi, né del Garante, purché siano rigorosamente rispettate le modalità indicate dal Garante e l'impianto serva a tutelare beni e persone da aggressioni o a prevenire incendi o a garantire la sicurezza del lavoro. Occorre, quindi, apporre preventivamente un cartello (informativa semplificata), sul modello indicato dal Garante, che avverte i cittadini quando entrano in una zona controllata da telecamere (anche in occasione di eventi e spettacoli pubblici). Il cartello deve essere apposto prima dell'inizio dell'area delle riprese, deve essere chiaramente visibile anche di notte, e indicare i dati del titolare e la finalità delle registrazioni (il cartello deve essere correttamente compilato). Non occorre indicare la precisa ubicazione delle telecamere ma l'interessato deve poter capire quali aree sono coperte dall'impianto. Se le immagini sono inviate alle autorità di polizia, tale circostanza deve essere indicata nel cartello-informativa.
Nell'informativa va indicato anche il tempo di conservazione delle riprese, che deve essere limitato in base alla finalità perseguita. E' compito del titolare stabilire tale termine, fermo restando il rispetto dei principi alla base della normativa in materia di protezione dei dati personali. Generalmente un termine di 2 o 3 giorni dovrebbe essere più che sufficiente per i privati e i piccoli esercizi commerciali, salvo particolari esigenze (ad esempio i periodi di chiusura festivi).
Il cartello deve rimandare all'informativa completa, indicando chiaramente come reperirla, sia in un locale del titolare, sia attraverso internet (il sito web del titolare). Utile è l'uso dei QR-Code.
Le telecamere installate a fini di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica (quindi non da privati) non devono essere segnalate, ma il Garante auspica comunque l’utilizzo di cartelli che informino i cittadini.
L’installazione di impianti di videosorveglianza deve essere realizzata in modo da evitare trattamenti di dati non necessari. Se l'impianto tratta dati biometrici, da intendersi come dati utilizzati per l'identificazione delle persone fisiche (es. riconoscimento facciale, incrocio dei dati con codici identificativi di carte elettroniche, rilevazione della voce), come anche nei casi in cui si ha un monitoraggio sistematico di un'area accessibile a un vasto pubblico, o in generale per tutti i casi nei quali si può presentare un rischio elevato per le persone fisiche, si rende necessaria la valutazione di impatto. In tali casi potrebbe essere necessaria una verifica preliminare del Garante (prior checking, previsto dall'art. 36 del GDPR).
Il titolare del trattamento deve istruire le persone fisiche autorizzate al trattamento che possono accedere ai dati trattati, laddove il numero di tali soggetti deve essere limitato e la visione delle immagini deve essere consentita solo se è indispensabile per gli scopi perseguiti. Quindi l'accesso al monitor dove sono visibili le immagini deve essere esclusivamente limitato alle persone designate. L'ideale è che i monitor siano installati in un locale separato e chiuso. Deve ritenersi non conforme alle norme la prassi di rivolgere le telecamere al pubblico.
Occorre predisporre le misure minime di sicurezza, che devono riguardare gli impianti, i dati sia nella fase di transito che di conservazione, e i locali dove sono materialmente allocati i monitor e gli impianti stessi. in particolare i dati devono essere conservati in modo da garantire la perdita, le distruzione anche accidentale e soprattutto l'accesso di persone non autorizzate agli stessi (eventualmente predisponendo modalità di cifratura dei dati). Inoltre, devono essere predisposte misure organizzative per la cancellazione dei dati alla scadenza, o dei dati non più necessari.
Gli interessati, cioè i soggetti ripresi, devono poter accedere alle riprese che li riguardano e verificare le modalità di utilizzo dei dati raccolti. L’illiceità delle riprese comporta non solo l’inutilizzabilità delle registrazioni, ma anche il provvedimento di blocco e divieto di trattamento dei dati, da parte del Garante. In casi estremi si possono configurare anche reati penali.
Comuni e sicurezza urbana
L’art. 6, commi 7 e 8, del cosiddetto “decreto sicurezza” approvato con Decreto Legge 23 febbraio 2009, n. 11 e convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38, denominato “Piano straordinario di controllo del territorio”, consente ai Comuni di far uso di sistemi di videosorveglianza al fine di prevenzione dei reati e controllo del territorio, mentre prima tali finalità non erano perseguibili in quanto di competenza delle autorità di polizia. Per i Comuni, quindi, non esiste più il limite della finalità delle riprese, ma è possibile che la videosorveglianza abbia uno scopo di semplice tutela del territorio, per cui è ammissibile a fini di controllo delle violazioni (ad esempio in materia di riufiuti).
Ovviamente occorre che siano garantite opportune misure di sicurezza, quali la tracciabilità degli accessi, l'identificazione del personale che ha l'accesso, e l'impossibilità di ricostruire i percorsi dei cittadini nell'ambito del territorio comunale.
L'art. 6, co. 8, del D.L. 23/02/2009, n. 11, nell’ambito dell’utilizzo da parte dei Comuni di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico per la tutela della sicurezza urbana, prevede che “la conservazione dei dati, delle informazioni e delle immagini raccolte mediante l'uso di sistemi di videosorveglianza è limitata ai sette giorni successivi alla rilevazione, fatte salve speciali esigenze di ulteriore conservazione”.
Se gli impianti utilizzati dai Comuni sono destinati alla tutela della sicurezza urbana le regole in materia di protezione dei dati personali sono dettate dalla direttiva 2016/680 (direttiva Polizia) e non dal regolamento europeo 2016/679 (GDPR). Anche i privati possono installare telecamere rivolte verso aree pubbliche, ma in questo caso occorre un accordo formale col Comune che limita l'uso delle riprese esterne ai soli Comuni per fini di polizia. Le forze di Polizia locali hanno l'accesso esclusivo alle telecamere installate per motivi di sicurezza.
Accertamento delle violazioni al codice della strada
Anche le telecamere installate per l'accertamento delle violazioni al codice della strada devono rispettare le norme a tutela dei dati personali. In tal senso la circolare del Ministero degli Interni del 21 luglio 2016 (300/A/5620/17/144/5/20/3) prevede che gli apparecchi di rilevazione memorizzino immagini solo nel caso di infrazione. Ovviamente le immagini devo essere utilizzate solo a fini di accertamento e contestazione dell violazioni. Al termine del procedimento teso alla contestazione e all'applicazione della sanzione, le immagini devono essere cancellate.
Le immagini in questione, sempre per motivi di privacy, non vanno mai inviate al domicilio dell'intestatario del veicolo col verbale di contestazione, ma gli interessati devono avere la possibilità di accedere a tali immagini a richiesta.
infine, si prevede che la memorizzazione di immagini frontali del veicolo, che consentano di identificare le persone a bordo, possano essere utilizzate solo per la contestazione immediata delle violazioni.
La registrazione continua del monitoraggio del traffico va conservata in forma di dati anonimi, senza che sia possibile identificare i veicoli o le persone, e può essere utilizzata per studi o ricerche sul traffico.
Casi pratici
Le telecamere non possono essere utilizzate per il controllo delle prestazioni lavorative se non rispettando le apposite norme.
E’ consentita l’installazione di telecamere su veicoli privati adibiti ad uso pubblico, come i taxi, purché siano rispettati i limiti previsti.
Nel caso di riprese effettuate in un locale commerciale non è possibile rivolgere il monitor di controllo verso l’utenza, in quanto in tal modo i dati raccolti sono diffusi a tutta l’utenza. Per segnalare la presenza di telecamere, a fini di deterrenza, vanno apposti gli appositi cartelli.
Nel caso di videosorveglianza privata l'angolo delle riprese deve essere limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, per evitare di incorrere nel reato di interferenze illecite nella vita privata (art. 615-bis c.p.). Non è lecito riprendere le aree comuni, quali cortili, pianerottoli, scale ecc,.., o comunque aree di pubblico passaggio. E' ammissibile l'utilizzo di videocamere per filmare l'interno della propria abitazione (vedi anche le regole per i Condomini) ma solo per salvaguardare la sicurezza dell'abitazione e delle persone che ci vivono. In questo caso non si applicano le norme in materia di tutela dei dati personali, essendo le riprese a fini personali. In ogni caso le riprese non possono essere comunicate a terzi (a parte le forze di polizia ovviamente). Non è ammissibile, invece, l'utilizzo di videocamere per spiare chi lavora al suo interno (badanti e baby sitter). In presenza di lavoratori all'interno dell'abitazione occorre informarli della presenza delle telecamere per iscritto (informativa), precisando l'uso che si fa delle riprese.
E' consentito l'utilizzo di videocamere di sorveglianza negli istituti scolastici, ma solo quando risulti indispensabile per la tutela dell'edificio e dei beni scolastici. La presenza delle telecamere deve essere segnalata dagli appositi cartelli. Le riprese devono comunque essere ciroscritte alle sole aree interessate da furti o gesti vandalici. Le aree esterne possono essere oggetto di riprese anche durante le lezioni (ovviamente senza riprendere aree non pertinenti all'edificio), mentre le aree interne dell'edificio possono essere oggetto di riprese solo negli orari di chiusura e non nelle ore di svolgimento di attività scolastiche o extrascolastiche.
Non è consentito l'uso di telecamere nelle aule universitarie e in genere per la sorveglianza di attività professionali svolte in un contesto pubblico. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU sez. II, sentenza 28 novembre 2017, Antovic e Mirkovic contro Montenegro) che ha sostenuto che se anche le videocamere erano installate per motivi di sicurezza potevano sorvegliare anche l'insegnamento.